Sei stressato, stanco, arrabbiato, poi premi un
tasto, ti infili le cuffie ed ecco, la musica parte:
i problemi sono ancora lì, ma sei tu a essere già irrimediabilmente lontano, in
un universo fatto di suoni che ti trascinano via dai pensieri di
tutti i giorni. Secondo la scienza la musica è una scarica di piacere, esattamente
come una droga o il nostro piatto preferito.
Un team di ricerca appartenente alla McGill University di Montreal, in Canada, in un'indagine pubblicata sulla
rivista Nature
Neuroscience ha evidenziato che quando si ascolta
musica nel
cervello viene rilasciata dopamina, neurotrasmettitore legato alle sensazioni
di piacere.
Questo
processo avviene soprattutto con la musica preferita, che si dimostra in grado
di produrre effetti equivalenti alle reazioni scatenate da una droga o
dal cibo: il cuore inizia a battere più velocemente e insieme al ritmo cardiaco
cresce la temperatura corporea, connessa alla presenza di brividi e un
cambiamento immediato dell'umore.
Secondo
alcuni studi medici l'ascolto della musica che
amiamo può incidere persino sulla percezione e la resistenza al dolore.
Inoltre, come dimostrato da un esperimento in seguito pubblicato su Journal of Sport & Exercise
Psychologyin
presenza della colonna sonora amata anche le prestazioni fisiche degli sportivi
tendono a migliorare. Del resto ne sono ben coscienti tutti coloro che non
andrebbero mai a fare jogging senza l'accompagnamento musicale di un mp3 o un
cellulare: la musica non è solo un fatto accessorio, ma qualcosa capace di
coinvolgere l'essere umano a un livello ben più profondo.
Un
test effettuato presso la Harvard
Medical School di Boston,
negli Stati Uniti, ha mostrato la tendenza a un aumento delle dimensioni del
corpo calloso, che unisce i due emisferi celebrali, nei bambini abitualmente
coinvolti in esercizi di musica. Nel 1995 il neurologo Gottfried Schlaug aveva
sottoposto a risonanza magnetica il cervello di trentuno bambini di sei anni
d'età: effettuando ulteriori indagini a distanza di anni il ricercatore ha
potuto rilevare che nei piccoli abituati all'attività musicale il corpo calloso
tende a essere ipersviluppato. La musica migliora la coordinazione e interviene
sulle connessioni
neuronali alla base dell'organizzazione del
movimento umano.
Uno
degli aspetti più interessanti di questi studi è che non tutta la musica è
uguale: sono i brani che ci fanno battere il cuore a introdurre un cambiamento,
che è possibile pensare tanto a livello fisico quanto psicologico. Questo
succede perché, come in occasione di un evento piacevole, viene stimolata una
rete di connessioni neuronali le cui dinamiche sono ancora in fase di
osservazione da parte degli scienziati.
Alcuni
ricercatori dell'Università del North Carolina e
della Wake Forest
School of Medicine durante un esperimento hanno
osservato le risonanze magnetiche funzionali di ventun volontari durante
l'ascolto di una serie di brani musicali: rispetto a un brano che non amiamo,
il pezzo preferito riesce a attivare un'area celebrale chiamata default mode network (DMN): questo network neuronale è in azione quando un
individuo è sveglio ma a riposo ed è legato all'introspezione, oltre che alla
capacità progettuale.
La
musica incrementa la nostra capacità di sognare a occhi aperti, recuperare
memorie del passato, volare dal mondo materiale a un universo parallelo fatto
di possibilità: le note potenziano le connessioni fra le regioni celebrali
coinvolgendo l'ippocampo, fortemente relazionato alle emozioni.
Questi
risultati potrebbero aprire nuovi scenari nella musicoterapia di sostegno ai
soggetti autistici, ma costituiscono un'ispirazione per un'attività che è molto
di più rispetto un semplice passatempo. Continuare a studiare e ascoltare la
musica significa rimanere connessi alle nostre emozioni profonde: saper volare in altre dimensioni, usare la
fantasia, rievocare i ricordi, costruire il futuro a partire dalla capacità di
immaginarlo. Non arrendersi e continuare a sognare.
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